l’Ifma (International Facility Management Association) ha organizzato a Milano l’11ª Facility management convention. “Crediamo – ha detto il presidente, Mario Codazzi – che quello dell’ambiente di lavoro ideale sia un tema importante, soprattutto in un periodo in cui ancora si cerca una via d’uscita dalla crisi degli ultimi anni”. L’intento è quello di cogliere quanto profonda sia la relazione tra la redditività dell’azienda e l’attenzione posta nel creare un luogo di lavoro ideale e su misura per i propri dipendenti. Perché il welfare aziendale spinge i fatturati, i dipendenti felici rendono di più.
Il giornalista Giuseppe Matarazzo, nella cronaca dell’evento, scrive sul quotidiano Avvenire: “Più welfare per i dipendenti, più produttività per l’azienda. Non è uno slogan. A supportare l’equazione «personale felice e motivato uguale migliori risultati», sono i numeri e le esperienze che arrivano da tante aziende nel mondo che hanno aperto le porte al Facility management: la nuova frontiera del welfare aziendale. Le migliori “100 aziende in cui lavorare in America”, secondo l’indagine realizzata da Great place to work e che adottano politiche che aiutano a conciliare la vita professionale e quella privata (work and life balance) hanno ritorni più elevati dei loro concorrenti: assumono di più, ottengono risultati 3-5 volte migliori, mediamente il 3,5% in più di fatturato con punte anche del 15%. Una ‘rivoluzione’ a cui comincia ad affacciarsi anche l’Italia. Il dipendente a cui dare fiducia non è un numero, uno stipendio da gestire nel conto economico, un personale di entità astratta, senza volto, ma una risorsa reale, un individuo con le sue peculiarità. Questo approccio passa da un rapporto quanto più aperto e schietto fra dipendente e management , dallo sviluppo della tecnologia e da ambienti piacevoli. “Ci si muove su due livelli – spiega Gilberto Dondè, Ad di Great placet to work institute Italia –: la persona e l’organizzazione. Il rapporto con il management basato sulla coerenza dei comportamenti, la capacità di coinvolgimento, l’equità, l’imparzialità” ”. (Avvenire, 11-11-2010).
“Great Place to work”: un gran bel posto dove lavorare. Ricorda molto le piccole e medie imprese, quelle che ancora oggi costituiscono la spina dorsale dell’economia italiana, nelle quali ci si sente come parte di una grande famiglia. Le aziende riscoprono finalmente il valore dell’individuo: l’elemento umano è importante quanto quello finanziario e tecnico, la centralità della persona è funzionale allo sviluppo del business, alla crescita del fatturato e dei profitti.
“L’etica è necessaria allo stesso svolgersi dell’attività d’impresa”, ha sempre sostenuto il Premio Nobel Amartya Sen.
Ma questo richiede nel leader una capacità di relazione, di ascolto empatico, di comunicazione. Richiede coerenza, maturità, rispetto, apertura, fiducia. Tutta la vita è relazione: dialogo, confronto, comunicazione, comprensione sono fattori imprescindibili. Anche in azienda. Il leader deve essere necessariamente un esperto in umanità. Perché “L’uomo è misura di tutte le cose”, anche in azienda.
Difficile? Ma ne vale la pena. Se oltre al guadagno relazionale ottengo anche il profitto aziendale.
Certo, richiede uno sforzo, quella che gli esperti di spiritualità chiamano “ascesi”. Ci vuole un atto ripetuto e continuo della volontà. La ripetizione di scelte che conducono nella giusta direzione. Che diventano virtù.
“Se un tempo il fattore decisivo della produzione era la terra e più tardi il capitale, oggi il fattore decisivo è sempre più l’uomo stesso, la sua capacità di intuire e soddisfare il bisogno dell’altro”.
Quale esperto di management ha scritto questo? Giovanni Paolo II, nella Centesimus Annus.
Con l’occasione, la Fondazione Enzo Peserico
vi augura Buon Natale e Felice Anno Nuovo