la Fondazione Enzo Peserico riprende, con la presente newsletter, il tema così attuale del rapporto tra etica e mondo del lavoro. D’altronde, voci autorevoli continuano a sostenere che il declino del senso etico può essere considerato uno dei fattori che hanno portato l’economia nel grave stato di crisi attuale e che solo una adeguata riscoperta del nesso che unisce l’economia alla dimensione etica può consentire realmente una inversione di tendenza duratura.
In un momento di grandi trasformazioni come quello attuale, nella consapevolezza della necessità di una cultura dello sviluppo che metta l’uomo e i suoi valori al centro anche dell’economia, vogliamo offrire delle riflessioni sul ruolo e la figura del leader.
“Ogni decisione economica
ha una conseguenza di carattere morale”
(Caritas in Veritate, 37)
La ricostruzione dell’uomo è fondamentale per la ricostruzione della società e del mondo economico. L’estensione della pura logica mercantile,infatti, non può risolvere tutti i problemi sociali: è necessaria la chiarezza del fine da raggiungere, il perseguimento del bene comune. Se ogni scelta deve avere una radice etica, questa deve a sua volta discendere da norme oggettive accessibili alla ragione.
Enzo Peserico tutto questo lo aveva ben capito e, soprattutto, praticato e dimostrato: nella sua vita personale, come nel suo agire professionale, la religione ha sempre avuto un ruolo correttivo nel guidare la ragione alla scoperta dei principi morali e oggettivi, nella resistenza contro le manipolazioni dell’ ideologia, nella lotta interiore contro l’egoismo e le debolezza umane.
Questo lavoro di introspezione e crescita, finalizzato a irrobustire e migliorare l’ambiente circostante e le persone che lo vivono e che con esso interagiscono, è il passaggio decisivo che distingue un dirigente comune da un vero leader.
Il ruolo e l’attività del manager implica infatti la capacità di generare benessere sociale, il bene comune, e nel contempo lo sviluppo pieno e integrale della persona. Enzo pensava e agiva da leader, soprattutto perché ha saputo percorrere le vie tracciate da tre grandi maestri per la formazione di quella che possiamo ben definire “l’anima del leader”.
1) Stephen R. Covey, uno dei più autorevoli e influenti maestri di tecniche manageriali, leadership e organizzazione aziendale. Americano, mormone, autore del best-seller mondiale “The 7 habits of higly effective people” ( I sette pilastri del successo)
“Dall’ interno all’esterno”: esaminare attentamente e innanzitutto noi stessi, il nostro carattere, il nostro modo di pensare e di agire, le nostre più profonde motivazioni. Questo è il vero punto di partenza della formazione manageriale: conoscere se stessi per controllare l’ambiente, tenerlo in pugno; anzi, condurlo per mano. Avere ben chiaro l’obiettivo e saper valutare le attività per raggiungerlo.
2) S. Benedetto da Norcia, maestro di spiritualità e fondatore dei Benedettini, l’Ordine che ha forgiato l’ Europa e la Civiltà occidentale.
“Ascolta figlio gli insegnamenti del maestro a apri docilmente il tuo cuore, raccogli di buon animo i consigli di un Padre che ti vuole bene e mettili in pratica con impegno per ritornare, con la solerzia dell’obbedienza, a Colui dal quale ti eri allontanato per l’ignavia della disobbedienza” e “nel silenzio scopri la radice di ciò che pensi”.
Qui non interessa il genere letterario, ma la sostanza. Sono parole tratte dalla Regola scritta 1.500 anni fa dal Fondatore di una delle più grandi Organizzazioni multinazionali mai create. E il punto di partenza e di arrivo è sempre uno, l’individuo, che è il perno della comunità stessa, dell’Impresa.
3) Sant’Ignazio di Loyola, padre e fondatore dei Gesuiti. Da 500 anni grazie ai suoi Esercizi Spirituali vengono plasmati uomini e leaders che hanno avuto e continuano ad avere un’influenza straordinaria a tutti i livelli della società.
“[Esercizi] per vincere se stesso e mettere ordine nella propria vita, senza prendere decisioni in base ad alcuna affezione che sia disordinata”.
In altri termini, la leadership non è intesa come un ruolo da svolgere unicamente sul posto di lavoro per poi metterlo da parte quando torniamo a casa. No, “la leadership è la vera vita del leader”, il nuestro modo de proceder che è poi il the way we do thing di tanti manager americani. La conoscenza di se stessi, anche qui “dall’interno all’esterno”, è il punto di partenza per la formazione di persone convinte e motivate che hanno dato vita ad una vera e propria macchina da guerra –nel senso di efficienza e risultati- che ha attraversato i secoli: la Compagnia di Gesù.
Uomini diversi, epoche lontane, ma una grande unità di pensiero e di azione.
Temi importanti, esperienze forti. Da conoscere, approfondire e praticare perché, come insegna lo stesso Covey: “imparare senza fare è come non imparare del tutto; sapere e non fare è come non sapere”.
(A cura della Fondazione Enzo Peserico)