La Fondazione Enzo Peserico intende affrontare i temi dell’enciclica “Caritas in veritate” anche attraverso brevi interviste ad esperti.
La prima intervista è a Massimo Introvigne, che la Fondazione ha avuto come gradito ospite lo scorso 16 giugno. La serata era dedicata al tema Etica ed economia - La crisi economica ha radici morali? Un’analisi alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Massimo Introvigne aveva presentato un documento, realizzato con l’economista Pier Marco Ferraresi, ora pubblicato dall’editrice Fede e Cultura in un volume dal titolo Il Papa e Joe l’idraulico - La crisi economica e l’enciclica Caritas in Veritate.
Nella nostra intervista a Massimo Introvigne, siamo partiti da un passo dell’enciclica, che noi della Fondazione Enzo Peserico abbiamo letto con emozione, perché contiene in una sola frase i concetti di Fede e Ragione, Persona e Comunità (che sono nel nome della Fondazione): “La ragione trova ispirazione e orientamento nella rivelazione cristiana, secondo la quale la comunità degli uomini non assorbe in sé la persona annientandone l’autonomia, come accade nelle varie forme di totalitarismo, ma la valorizza ulteriormente, perché il rapporto tra persona e comunità è di un tutto verso un altro tutto.” (n° 52). Pertanto, quelle che chiamiamo “le 4 coordinate cartesiane” sono importanti, anche per lo sviluppo economico.
Dottor Massimo Introvigne, già nell’Introduzione il Papa si richiama a Fede e Ragione che illuminano le coscienze. Nella “distinzione e insieme nella sinergia dei due ambiti cognitivi“. Sono queste le condizioni imprescindibili di uno sviluppo umano integrale?
E’ importante leggere la Caritas in veritate insieme alla precedente enciclica Spe salvi. Quest’ultima ci presenta un grande affresco della storia europea, già peraltro anticipato dal discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006. E’ descritta la faticosa costruzione in Europa di un equilibrio fra fede e ragione. Nel viaggio in Francia, a Parigi, il Papa sottolineerà il ruolo dei monaci e della cultura monastica per questa costruzione. Quindi Benedetto XVI mostra le tappe attraverso cui questo equilibrio si rompe: il fideismo protestante, lo scientismo da Francesco Bacone all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese, le ideologie del XX secolo e le loro illusorie promesse di Paradisi in Terra, infine il nichilismo postmoderno. Riprendere il filo di un corretto rapporto tra fede e ragione è in effetti condizione imprescindibile di quello che la Caritas in veritate, sulla scia della Populorum progressio di Paolo VI, chiama sviluppo integrale. Uno sviluppo che non è misurato solo dal PIL ma anche da quelle che i sociologi del XIX secolo chiamavano “statistiche morali” e che nell’Ottocento riguardavano principalmente i suicidi ma anche oggi gli aborti, i divorzi e così via.
Ma come presentare questo equilibrio ad un mondo occidentale sempre più laicista, che vorrebbe impedire ogni manifestazione pubblica della dimensione trascendente dell’uomo?
Benedetto XVI è il Papa del recupero della memoria e della storia. L’ignoranza storica è oggi clamorosa. Proprio sulla scia di Ratisbona e della Spe salvi è molto importante insegnare che l’Europa è stata l’Europa - ed è stata grande - fino a quando ha mantenuto almeno brandelli dell’equilibrio fra fede e ragione. Perduto questo equilibrio è iniziata la decadenza. Il laicismo, in altre parole, ha fatto male all’Europa.
Perché laicismo e fondamentalismo sono ostacoli allo sviluppo?
Un brano di Giovanni Paolo II che Benedetto XVI ha citato più volte è quello delle due ali, la fede e la ragione, senza cui l’aereo non può volare. Se un’ala è ipertrofica e l’altra rattrappita l’aereo anziché alzarsi in volo si schianta. Questo avviene se la fede si mangia la ragione, se l’ala della fede è enorme e quella della ragione minuscola - il fondamentalismo - ma avviene anche se la ragione diventando razionalismo si mangia la fede, se l’ala della ragione è sproporzionata e l’ala della fede ridotta a poco o nulla, ed è il laicismo. Lo sviluppo è possibile solo se le due ali sono in equilibrio. Allora soltanto l’aereo vola, e la storia dell’Europa lo dimostra.
Oggi viviamo in un mondo dove si intrecciano sempre di più culture diverse. Ma il Papa evidenzia il rischio dell’eclettismo culturale o dell’appiattimento: sono visti come un freno allo sviluppo umano integrale, con conseguenze anche economiche. In che senso?
Lo sviluppo - anche economico - ha bisogno anzitutto d’intelligenza e di discernimento. L’affermazione comune ma falsa secondo cui “ognuno ha la sua cultura e non si può dire che una sia migliore di un’altra” è un ostacolo allo sviluppo perché nega il discernimento. Sotto pretesto di non “imporre una cultura” finiremo per lasciare a certe popolazioni culture che negano gli elementari diritti dell’uomo - e della donna - e all’interno delle quali non può crescere neanche un’economia sana. Ma nello stesso tempo se è vero che ci sono tratti culturali che sono semplicemente contrari alla legge morale naturale e sulla cui eventuale sparizione non dobbiamo versare lacrime - se la globalizzazione arriva in una giungla abitata da cannibali, e sparisce il cannibalismo, piangono solo gli antropologi cui piaceva tanto studiarlo… almeno finché qualche cannibale non si mangiava l’antropologo - ci sono però altre diversità che non sono contrarie alla morale e il cui venire meno per quella che il Papa chiama “omologazione” costituisce la perdita di una ricchezza. Se i ristorantini locali sono sostituiti da fast food uguali in tutto il mondo ad andare perduta è una diversità che costituisce un patrimonio e una risorsa. E’ il rischio culturale della globalizzazione.