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Lezione d’inglese - L’intervento di Gordon Brown sulla crisi economica

Pubblichiamo un articolo di Ettore Gotti Tedeschi da L’Osservatore Romano del 22 febbraio 2009.

Il premier inglese Gordon BrownMolti ritengono che le grandi crisi siano anche - o forse soprattutto - crisi morali. Anche l’attuale crisi economico-finanziaria non si sottrae a questa regola, essendo stata provocata da scelte di sviluppo egoistiche e insostenibili, che hanno poi scatenato i peggiori «spiriti animali» nel mondo della finanza. Su «L’Osservatore Romano» dello scorso 19 febbraio il primo  ministro  britannico  Gordon Brown è sembrato volere esprimere la ricerca di una autorità morale necessaria alla soluzione della crisi, riconoscendo implicitamente l’insostenibilità dell’autonomia morale dell’economia. Avanzando anche la proposta di una solidarietà strutturale verso i Paesi poveri come possibile soluzione strategica della crisi. Oltre a invocare azioni  di  «giusta  solidarietà»  è  infatti necessario proporre azioni di «opportuna solidarietà» verso i Paesi poveri.

Questi Paesi vanno coinvolti nel processo di soluzione della crisi inducendoli a creare la ricchezza necessaria a risollevare il mondo intero. Ciò può essere fatto trasformando la loro domanda inespressa di beni e di investimenti in valore per le economie dei Paesi che oggi si trovano ad avere capacità produttive pericolosamente inutilizzate. La strategia di soluzione della crisi sta nel creare ricchezza per compensare le perdite, dove c’è il potenziale per farlo rapidamente.

In apparenza, le costosissime manovre in atto tendono invece a sostenere il consumismo dei Paesi ricchi e a trasferire allo Stato gli insostenibili debiti delle banche, delle imprese e delle famiglie. Ma questa soluzione rischia di creare inflazione invece che ricchezza. Avere trasferito negli ultimi anni benessere e ricchezza in vari Paesi emergenti ha reso forse meno grave la crisi in atto. Le previsioni del pil per il 2009 lo vedono crollare del 3, 4 per cento negli Stati Uniti e dell’1, 5 in Europa.

Eppure, il pil mondiale cresce ancora dell’1 per cento grazie alle economie di grandi nazioni come Cina (più 5 per cento), India e Brasile. Avere esteso, sia pure egoisticamente, benessere a quei Paesi - sviluppando domanda, offerta, risparmio e crescita - permette oggi di immaginare rimedi agli errori delle nazioni ricche. Si sarebbe forse potuto evitare la crisi globale  se l’estensione della ricchezza avesse riguardato anche il resto del pianeta. Invece di pensare egoisticamente a difendere, per di più barando, i privilegi.

Ma gli errori del mondo occidentale non sono dovuti unicamente all’eccessiva disinvoltura dei manager bancari e alla mancanza di controllo. L’economia e la finanza sono solo strumenti gestiti dall’uomo, che all’uomo devono essere utili. Loro scopo è, secondo le leggi che le regolano, utilizzare efficacemente le risorse, sviluppare benessere per tutti e ridurre le disuguaglianze. Questa non è morale, è economia.

Ma il bilancio non è sempre confortante. Si è spesso abusato delle risorse, si è bluffato nello sviluppo del benessere, le disuguaglianze non sono state ridotte come si poteva e doveva. Non si è dato cioè un senso agli strumenti. Il mondo ricco è stato stupido - non solo egoista - rifiutando di riconoscere la necessità di autorità e leggi morali, e confondendo perciò i mezzi con i fini. Gordon Brown, primo ministro di una grande nazione, con il suo intervento ha dato una magistrale lezione per chi vuole intenderla: si deve dare un senso allo strumento economico e si deve riconoscere che l’economia non può avere una sua autonomia morale.

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